La Storia della Città
Il nome Riposto, secondo accurati studi storici, deriva dalla vocazione commerciale della zona, che aveva fatto sorgere un luogo attrezzato quale deposito (per "riporre") per le botti e le merci da spedire via mare. La storia di Riposto ha avuto nel suo rapporto con il mare il principale fattore di sviluppo, anche se, dal punto di vista demografico, le sue fortune furono legate alla nascita e allo sviluppo della Contea di Mascali. Sin da tempi antichi, Mascali e le sue grandi estensioni terriere appartenevano alla Mensa episcopale di Catania che li concedeva in gabella. Nel secolo XVI, queste terre furono costituite in Contea ed il vescovo di Catania divenne così Conte di Mascali. In quel periodo, Catania era sovrappopolata e pressava demograficamente il territorio di Acireale. Gli Acesi, nella necessità di spingersi a nord, verso la ricca pianura mascalese, cominciarono a richiedere al Conte quelle terre e per poi poterle subaffittare con canone raddoppiato. Altre comunità si unirono ai coloni in quest'insediamento che in parte si stabilì nella fascia costiera ripostese ove sorgevano già le "capanne-pagliai" dei pescatori e delle loro povere famiglie; capanne sparse inizialmente attorno all'antichissimo tempio, forse di origine proto-cristiana chiamato "l'Anticaglia di S. Giovanni" (attuale chiesa Madonna della Lettera) sito a circa mille passi a sud "dell'Arzanà".
Così alla fine del secolo XVI, i tre gruppi (coloni, pescatori e barcaioli-costruttori) si fusero creando il primo nucleo di una nuova comunità che prese il nome di Riposto da "Res Ponere" e si stabilì definitivamente tra il torrente Macchia, il limite sud della palude dell'Auzzanetto e il torrente Jungo, e il limite nord di grandi distese di boschi e vigne.
La nuova comunità incominciò faticosamente a dissodare il terreno, a tagliare i boschi in cerca di buona terra da coltivare, a costruire case, a fabbricare magazzini, dove venivano "riposte" le decime della produzione, che si doveva al Conte di Mascali; essa divenne così presto, un punto d'incontro ricco e fiorente di mercanti, pescatori, armatori, costruttori, "sensali", "bordonari" e marinai.
Nella seconda metà del XVII secolo avvenne la trasformazione agraria della Contea da terreno boschivo in vigneto; detta trasformazione fu diretta ed organizzata dai proprietari di terre acesi, e portò alla completa distruzione del bosco d'Aci che da Stazzo e Pozzillo si estendeva nell'entroterra; da ciò scaturì uno squilibrio del sistema ecologico tanto che il regime idrico fu modificato e le paludi dell'Auzzanetto s'ingrandirono divenendo portatrici di malaria, mentre sparì il laghetto della "Gurna". Intanto, le tristi vicende di Messina, turbata negli anni da ribellioni, peste, terremoti, inondazioni, alimentarono una continua emigrazione dei Messinesi nella Contea ed in particolare attorno allo "Arzanà". Sui ruderi della "Anticaglia di San Giovanni", i Messinesi costruirono la chiesetta della "Madonna della Lettera" e fecero di tutto per far nascere, accanto alle umili capanne di graticci di canne, un paese lineare e parallelo al mare.
Nel secolo XVIII una potente famiglia veneziana, i Pasini, s'era stabilita ad Acireale ed in poco tempo aveva accumulato un'immensa distesa terriera a sud-ovest del "torrente Jungo". I Pasini, illuminati amministratori, operarono nella zona una politica di popolamento e svilupparono l'insediamento sparso, attirando manodopera e favorendo la formazione di piccole fattorie. Costruirono nel 1725, a sud dello "Jungo" una loro casa di campagna a cui doveva far capo il secondo nucleo dell'antica Riposto, che prese nome "Scariceddu" (piccolo scalo) per distinguerlo da quello già esistente.
Al limite nord delle terre del "Bosco d'Aci" v'era una macchia di vegetazione di carrubi ed attorno ad essi, ben presto, sorsero alcune case sparse di contadini: il sito prese nome di Carruba. Il nucleo s'ingrandì allorquando nelle contrade vicine sorsero piccole industrie per la lavorazione del gesso, della calce, dei mattoni e quindi viottoli che portavano alla marina di S. Tecla, Pozzillo, Torre Archirafi. Bisognerà aspettare il 1855 per vedere questo nucleo divenire borgata, allorquando la società Florio realizzerà a Catania un impianto per l'estrazione dell'alcool dalla polpa del carrubo, e il nobile acese Martino Fiorini donerà il terreno dove sorgerà, nel 1892, l'attuale chiesa intitolata a San Martino.
L'inizio del XIX secolo fece registrare un periodo di grande tensione : gli abitanti di Giarre, appoggiandosi anche alle aspirazioni espresse da Riposto, chiesero di potersi staccare da Mascali. I Ripostesi furono prima a fianco e poi uniti a Giarre. Fu dopo il 1815 che l'abile LA "politica d'attesa" dei ripostesi diventò autonomia: infatti l'8 ottobre 1815 Riposto chiese al Re, l'autonomia da Giarre.
Intanto, con sovrano Rescritto del 12 febbraio 1820, era nata la Scuola Nautica dove si formavano gli Ufficiali della fiorente marina velica prima e a vapore dopo. L'esistenza di questa scuola e dei molti cantieri navali, l'intenso commercio, indussero, nel 1836, a richiedere allo Stato la costruzione di un porto.
La volontà "indipendentista" di Riposto continuava ad essere alimentata dall'espasione demografica e commerciale, per cui seguirono 27 anni di lotte ma il processo di smembramento della vecchia Contea continuava; il 17 aprile 1841 il re concesse l'autonomia di Riposto. Il 1 gennaio 1842 venne eletto primo Sindaco di Riposto, Don Rosario Grassi Bonanno che verrà confermato nell'alta carica anche nel triennio 1 gennaio 1846 - dicembre 1848. La classe politica ripostese si ritrovò attorno al suo primo Sindaco proveniente da una borghesia illuminata.
Dopo l'esito sfortunato della battaglia di Custoza, il 25 luglio 1848, che costrinse l'esercito piemontese alla ritirata, Ferdinando II decise di agire con forza per la riconquista della Sicilia insorta. La zona costiera ripostese non fu teatro di operazioni militari perché la popolazione, grata a Ferdinando II per averle dato l'indipendenza amministrativa, non si schierò con gli insorti.
Quando il 14 maggio 1849 il generale Filangieri e le sue truppe entrarono a Palermo ponendo fine alla rivolta siciliana, il re ricordandosi che Riposto le era stata fedele durante i rivolgimenti interni, incominciò a proteggerla favorendo specialmente le sue industrie ed il suo piccolo ma attrezzato arsenale. La morte di Ferdinando II avvenuta nel 1859 spense l'entusiasmo popolare.
Anche Riposto ebbe il suo Risorgimento: le nuove idee di libertà e d'italianità trovarono presa in alcune famiglie. Temendo ciò, il governo borbonico alla fine del 1854, diede rigorosissime disposizioni in materia di ordine pubblico all'ispettore di polizia Fleres Trischetto, residente ed operante a Riposto. Il Fleres Trischetto cercò di cancellare la colorazione repubblicana che l'amministrazione comunale del tempo s'era data, favorendo la elezione a sindaci, nel 1856, di Don G. Tomarchio e nel 1859 di Don Filippo Scavino Lella di chiara fede borbonica, e attuando una dura repressione interna contro elementi antiborbonici che venivano rinchiusi nell'antico castello adibito a carcere. L'interprete più combattivo del pensiero mazziniano fu Salvatore Fiamingo così come l'espositore fedele ne fu Salvatore Tomarchio, che organizzarono il "Comitato Rivoluzionario Ripostese" che preparò armi, propagandò l'insorgere della servitù, parlò dei primi moti che si stavano preparando a Bronte, Adernò, Biancavilla, Nicosia, con esponenti dei quali erano segretamente in contatto, e facevano circolare tra i marinai e i contadini e le donne del popolo, fazzoletti tricolori con i ritratti di Garibaldi e Vittorio Emanuele, così come già avveniva in molte parti dell'isola.
L'8 giugno 1860 Don Salvatore Fiamingo era già a capo del Comune di Riposto, dopo che l'ultimo sindaco borbonico F. Scavino, il 31 maggio 1860, aveva firmato l'ultimo suo atto amministrativo: "il pagamento per duc. 52.17.5 a favore di Rosario Arcidiacono". Dall'8 giugno 1860 firmò tutti gli atti d'ufficio del Municipio il Presidente del "Comitato Rivoluzionario Ripostese", Don Salvatore Fiamingo, che lasciò ogni potere a un rappresentante di Garibaldi, il giurato Domenico Gavusi che firmò gli atti come Presidente del Municipio di Riposto. Il 31 luglio 1860, poi Gavusi lasciò il posto al ripostese Salvatore Tomarchio che venne così premiato per la sua fedeltà alla causa dell'unità d'Italia.
Riposto visse con entusiasmo l'epopea garibaldina e l'entusiasmo popolare fu massimo durante la spedizione detta di "Gazzi e Contessa" del 22 agosto 1860, quando cinque imbarcazioni della Marina Ripostese trasportarono parte delle truppe del generale garibaldino Sirtori dalla Sicilia in Calabria, sfuggendo alla flotta borbonica che incrociava nelle acque vicine. Riposto partecipò all'impresa garibaldina anche con grossi sforzi finanziari: è del 16 settembre 1860, a firma del Presidente del Municipio Salvatore Tomarchio, il mandato di pagamento per duc. 32.55 e firmato per quietanza da Antonino D'Angelo per "... tre carri di bovi per trasporto d'armi e munizioni della colonna comandata dal generale Bixio D. 2.70; per venti vetture per trasporto di soldati di essa colonna 2; per spese di barchette per trasporto di soldati in Giardini 14.40; per alloggio degli uffiziali per reclutazione volontari marittimi 1.85; per trasporto di... reclute... 1.80; per diritti di emergenza per sfoglio dei registri... 9.80". Ed è del 25 settembre 1860, a firma del Presidente del Municipio Salvatore Tomarchio, il mandato di pagamento per duc. 100 e firmato per quietanza da Giuseppe Ragusa per "... spese per una importantissima missione dello stato in termine della... autorizzazione... della Intendenza Generale dell'Esercito nazionale".
Questo contributo fu così importante che lo stesso Garibaldi, tramite il generale Bixio, s'interessò delle condizioni dell'approdo di Riposto come riportato dal Sindaco Fiamingo nell'inchiesta parlamentare sulla Marina Mercantile del 1881: "... Il generale Bixio constatò e deplorò la dolorosa condizione dei nostri approdi...".
Avvenuta l'unità d'Italia, le condizioni economiche e sociali di Riposto miglioravano sempre più con l'affermarsi di una grossa flotta di velieri e da pesca nonché con lo svilupparsi dei suoi già famosi cantieri navali e con l'opera di costruzione del porto. In questo periodo vennero anche vviate la costruzione di numerose, importanti opere pubbliche. La chiesa di S. Pietro, iniziata nel 1808, aperta al culto nel 1818, completata nel 1865, venne eretta a parrocchia nel 1869. Nel 1895 si otteneva dalla Sacra Congregazione dei Riti la conferma dell'elezione di S. Pietro Apostolo a Patrono di Riposto e nel 1967 veniva insignita del titolo di "Basilica Minore Pontificia". La costruzione dell'Orfanotrofio dell'Addolorata, voluto dal sacerdote don Francesco Granata (1814-1901). La costruzione della Chiesa del Carmine, richiesta sin dall'agosto del 1853 dalla nobile signora Rosaria Pasini, devota della Madonna della Mercede, all'allora Sindaco di Riposto G. Fichera. Il Sindaco rispose positivamente nel 1863, così i figli della signora Rosaria; Stefano e Biagio Pasini dei Baroni di Malroveto donarono la loro cantina sita nel quartiere "Scaricello", che nel 1868 fu demolita per costruire la nuova chiesa intitolata alla Madonna del Carmine. (La denominazione della chiesa si dovette al seguente episodio: mentre i lavori erano in corso, un operaio cadde da un'altissima impalcatura e, invocando la Madonna del Carmine, nella caduta, si ritrovò indenne in una fossa piena di calce spenta).
I Ripostesi sentirono il bisogno d'istituire nella loro città un piccolo ospedale per i malati più gravi; infatti il 28 luglio 1848 Suor Maria Gesù Crocifissa e Suor Maria Gesù Musumeci donarono alcune loro case al sacerdote ripostese Rosario Scandurra che doveva usarle per "Ospedaletto". Il piccolo Ospedale divenne Ospedale Civile per merito di Mons. Rosario Calì (1862-1887).
Il 2 aprile 1872 l'ing. Salvatore Guarrera redigeva il Piano regolatore d'ampliamento approvato con Real decreto il 9 novembre 1872. Questo piano prevedeva: la costruzione del Municipio, di Scuole, del Mercato, del Teatro che doveva sorgere sul terreno detto "Pezza Grande" espropriato al barone Corvaja di Acireale nel 1877. Nel 1874 si costruì la piazza S. Pietro, principale piazza cittadina. Il 19 gennaio 1882 il Re concesse a Riposto l'uso di uno stemma civico diviso in quattro parti: in alto, a sinistra, venne raffigurato il sole rosso su fondo oro; in alto, a destra, su fondo azzurro un brigantino veleggiante; in basso, a sinistra, su fondo azzurro, una torre d'argento merlata alla guelfa; in basso, a destra, su fondo oro, un grappolo d'uva color porpora con gambo verde. Lo stemma venne sormontato da una corona formata da un cerchio di muro d'oro aperto da quattro parti sormontato da otto merli uniti da muricciolo d'argento.
Nel 1886 un secondo piano urbanistico venne redatto dall'ing. Giuseppe D'Amico per sistemare alcune vie, tra cui via Messina. Il 21 agosto 1890 con Regio Decreto si decise la costruzione della ferrovia Circum-Etnea che venne inaugurata il 2 febbraio 1895. Il 24 giugno 1866 venne inaugurata la linea ferroviaria Catania-Messina e nel 1870 venne costruita la stazione ferroviaria di Giarre-Riposto, ingrandita nel 1906. Per il grande commercio vinicolo ripostese, con R.D. del 1 ottobre 1888, s'istituì la Regia Cantina Sperimentale e, con R.D. 15 agosto 1908, la Regia Scuola di Commercio. Il 5 agosto 1906, dopo 70 anni dalla prima domanda fatta nel marzo 1836, s'iniziò la costruzione del porto.
Alla fine del secolo XIX si verificò il boom economico di Riposto. A Riposto vi erano le sedi consolari di Svezia, Romania, Norvegia, Uraguay, Francia, Brasile, Grecia, Gran Bretagna. Nel 1885, vi si pubblicava la rivista settimanale "La Sicilia Vinicola".
La conquista della Libia attuata da Giolitti nel 1911-12 prima, e la guerra mondiale del 1915-18 dopo, impoverirono Riposto perché i suoi mercati di esportazione-importazione rimasero chiusi fino al 1919 e molti dei suoi marinai morirono in guerra.
Dal febbraio 1919 al marzo 1920 tutta la vita politico-amministrativa della città ruotava attorno alla figura ed all'azione del Commissario Prefettizio cav. dott. Giuseppe Grimaldi, che è passato alla storia del paese come il realizzatore di grandi opere pubbliche: la costruzione del Palazzo Municipale e l'ampliamento della Piazza S. Pietro; la costruzione del Mercato Pubblico; la costruzione del Lungo Mare Riposto-Torre Archirafi; la costruzione dello Scalo di Alaggio a Torre Archirafi; la sistemazione delle strade dell'abitato e delle borgate.
Fino all'estate del 1922, così come nel resto della Sicilia, a Riposto le idee fasciste non avevano avuto successo e, quando nel 1921 i seguaci siciliani di Mussolini si riunirono in congresso, tra di loro non vi erano ripostesi. Nel 1924, inizio la prima diffusione delle idee del fascismo a Riposto che culminò nel plebiscito del 1934 quando anche i Ripostesi si assoggettarono al volere del potere fascista, votando tutti "si" al regime. E' stato accertato che alla marcia su Roma parteciparono almeno due ripostesi e che la conquista del Comune di Riposto venne fatta da una squadra fascista composta da 15 uomini originari dei comuni etnei.
Nel 1936 si poté realizzare solo in parte il piano regolatore del 1920 che prevedeva la zona industriale. Da quel momento, le condizioni economiche della città subirono un collasso: l'agricoltura, l'industria e il porto quasi sparirono. In questo periodo arrivò la fusione dei Comuni di Giarre e Riposto con R.D. del settembre 1939 in uno solo, con il nome di Jonia. La nuova città occupava un'area di 40,38 Km aveva una densità complessiva di 752 abitanti per Kmq ed era formata dai Jonia (ex Giarre), Jonia Marina (ex Riposto), Macchia , S. Giovanni Montebello, Torre Archirafi Trepunti, Carruba. Il comune di Jonia ben presto cambiò nome in Giarre-Riposto; poi a causa di polemiche sull'accentramento dei servizi pubblici a Giarre (ma in realtà per le differenti origini e per la diversa estrazione sociale della popolazione dei due centri principali); con la caduta del fascismo, nel dopoguerra (1946) Giarre e Riposto tornarono comuni autonomi con i primitivi nomi appunto di Giarre e Riposto.
Quando gli Americani, nel 1943, sbarcarono a Gela e Inglesi con Canadesi occuparono la Sicilia Orientale, non trovarono resistenza da parte dei locali di Riposto. Il paese affamato, stanco, duramente colpito dalle bombe per essere stato lungo la costa in parte fortificato (Torre Archirafi) dai Tedeschi e in parte minato (spiaggia di S. Anna), era diventato un cumulo di rovine. Mentre prima i Tedeschi avevano il loro quartiere generale nel Palazzo Pasini, i nuovi arrivati, gli Inglesi, si accamparono in Piazza Matteotti e nella villa Pantano. Quando nel febbraio 1944 gli alleati consegnarono la Sicilia alla amministrazione italiana, si formò l'Esercito Indipendentista Siciliano.
Molti ripostesi fecero proprio tale movimento che, nel 1947, alla prima elezione parlamentare siciliana aveva ottenuto il 10 per cento dei deputati.
Finita la seconda guerra mondiale, Riposto si trovò dopo i lunghi anni della dittatura con un vuoto politico e una grande crisi economica; i suoi uomini trovarono possibilità di lavoro emigrando all'estero e principalmente negli U.S.A., oppure navigando; le donne diventarono di fatto "vedove bianche".
Negli anni 50 i principali provvedimenti urbanistici furono: la costruzione del sottopassaggio che unisce Giarre-Riposto; il completamento della via Etnea; l'apertura della via Guglielmo Marconi. In questi anni, specie nel settore vinicolo, Riposto attraversava una grave crisi: furono gli anni della grande emigrazione nel Nord America.
Negli anni '60 si costruì il tratto di lungomare che và dalla chiesa Madonna della Lettera fino al molo foraneo, collegando direttamente Torre Archirafi a Fondachello. Si completò il viale Amendola, si ampliò il porto con la costruzione di una seconda banchina e si iniziò la costruzione del molo pennello antistante la Chiesa della Lettera. Negli anni '70 si cercò di rafforzare le strutture del porto e si costruì, a difesa del quartiere Pagliaia, una barriera di massi; si coprì il torrente Jungo. La più importante opera urbanistica negli anni '70 è stata l'adozione di un programma di fabbricazione che prevede un ordinato sviluppo edilizio del paese.